La malaria è una grave malattia infettiva che ogni anno uccide mezzo milione di persone di cui 260.000 sotto i 5 anni: questo la rende una delle principali cause di morte infantile.
Le Infezioni da Malaria sono inoltre concentrate in pochi paesi: Nigeria, Congo, Uganda, Mozambico e Niger da sole rappresentano circa il 51% di tutti i casi a livello globale.
La malaria affligge l’uomo da più di 50.000 anni. Un suo vaccino però non si è mai riuscito a produrre.
Questo fino al 2015 dove dopo 30 anni di ricerca la GSK pubblica i risultati del trial clinico di Mosquirix RTS,S/AS01.
Secondo i dati il vaccino ha un’efficacia di circa il 30% nel prevenire la forma grave della malattia nel primo anno, ma la cifra si abbassa quasi fino a zero entro il quarto anno.
Nonostante la ridotta efficacia, diversi modelli hanno stimato che il vaccino potrebbe prevenire 5,4 milioni di casi e 23.000 morti in bambini di età inferiore ai 5 anni .
La comunità scientifica ha accolto con entusiasmo la notizia, anche se riservandosi qualche perplessità: l’impiego di questo vaccino costerebbe quasi 400 milioni di dollari l’anno, il ciclo vaccinale è complesso e potrebbe far passare in secondo piano altre misure necessarie come insetticidi e miglioramento dei sistemi sanitari.
Nonostante ciò, alla luce dei dati, l’OMS ha dato il via libera al vaccino l’anno scorso.
Questo è stato il primo vaccino approvato per la malaria.
Il 7 settembre di quest’anno è uscito su Lancet invece risultato del vaccino R21/Matrix-M.
I dati sono impressionanti: un efficacia del 80% (tre dosi e un booster a distanza). Entro fine anno dovrebbe essere confermato da da studi più ampi.
Il team di Oxford sostiene che il loro approccio è più efficace e può essere prodotto su scala molto maggiore: il Serum Institute, infatti, si è gia impegnato a produrre almeno 200 milioni di dosi di vaccino ogni anno se alla fine ne sarà autorizzato l’uso, atteso per il 2023.
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