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L’anticorpo che salva le cellule beta

Come un rivoluzionante anticorpo monoclonale potrebbe aiutare a ritardare l’insorgenza del diabete

Scritto da Redazione

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La storia di Teplizumab inizia nel 1986 con Muromonab (OKT3), il capostipite degli anticorpi monoclonali: di fatto il primo anticorpo autorizzato. OKT3 è un anticorpo murino contro CD3, un importante elemento del recettore dei linfociti T (TCR).

Nel 1986 OKT3 è stato approvato per la prevenzione del rigetto d’organo. Tuttavia, questo aveva dei problemi: poteva causare una complicazione potenzialmente letale nota come sindrome da rilascio di citochine. Essendo un anticorpo murino, infatti, portava all’attivazione del sistema immunitario contro di se (producendo per esempio anche i cosiddetti HAMA – human anti-murine antibody).

Complessivamente la sua efficacia nel tempo era fortemente limitata. Cosi, pochi anni dopo, con l’obiettivo di risolvere queste criticità è stato prodotto teplizumab, un anticorpo monoclonale umano contro CD3.

L’idea di utilizzare Teplizumab contro il diabete mellito di tipo 1 non è proprio recentissima. Il primo trial clinico è iniziato nel 1999 con l’obiettivo di arrestare la distruzione autoimmune delle cellule beta.

Il primo studio, condotto da Kevan Herold e pubblicato nel 2009, includeva soli 10 partecipanti, ma ha dimostrato come Teplizumab possa aiutare le persone a mantenere o addirittura aumentare la loro attività insulinica per anni.

In seguito, un altro studio più grande, il Teplizumab Prevention Study, è stato condotto dal 2011 al 2018. Lo studio includeva quasi 80 partecipanti e ha dimostrato la capacità di Teplizumab di ritardare la progressione del diabete clinico di tipo 1 nei partecipanti.

Questi dati hanno portato l’FDA ad approvare Teplizumab per ritardare l’insorgenza del T1D negli adulti (stadio 3) e nei pazienti pediatrici (stadio 2).

La terapia costa un botto: quasi 200.000$ all’anno, ma è il primo trattamento approvato in grado di modificare il decorso della malattia.

Il riconoscimento precoce dei pazienti con diabete potrebbe rappresentare un limite nel trattamento.: Il T1D, infatti, si sviluppa inizialmente con stadi asintomatici, caratterizzati dalla comparsa di autoanticorpi e poi di disglicemia.

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